Il Sogno della Macchina da Cucire
Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno: una sartina dall’impeccabile talento, un’epoca lontana, un mondo che non esiste più.
Del mio amore per i libri ho già parlato in questo post, e oggi inauguro la mia rubrica di libri dedicati all’artigianato con questo romanzo da poco uscito in libreria, di una scrittrice che amo moltissimo.
Il titolo
Il sogno della macchina da cucire è il sogno di una sartina, di cui non sapremo mai il nome, che vive e lavora in una città italiana non precisata, nei primi anni del ‘900.
Qualche piccolo mistero per un romanzo ad episodi che invece fa della sua cifra la semplicità. Che ci riporta ad un tempo in cui non esistevano centri commerciali né produzioni di massa. Un tempo in cui le mani di una sarta erano un bene prezioso.
L’autrice
Bianca Pitzorno è una scrittrice che ho nel cuore.
Posso dirti che è di origine sarda, che è nata nel 1942. Che ha tradotto grandi colleghi stranieri, scritto sceneggiature, saggi, testi per adulti e ragazzi. È stata paroliera, ha lavorato su testi per la televisione e per il teatro, ha insegnato. Potrei elencare tutti i premi che ha vinto, e sono tanti.
Potrei scrivere un post intero sulla sua carriera, ma il fatto è che per me Bianca Pitzorno sarà sempre la creatrice dei personaggi prediletti della mia infanzia, l’autrice dei libri che tenevo sempre sul comodino.
L’incredibile storia di Lavinia, Speciale Violante, Principessa Laurentina, Streghetta mia, Sulle tracce del tesoro scomparso.
Le ragazzine dei suoi romanzi mi regalavano avventure dove volavo anche io, sognando di viverle con loro e, da grande, di scriverle e raccontarle.
Solo le sorelle March rivaleggiavano nel mio cuore con le eroine dei romanzi di Pitzorno.
Di cosa parla
Conosciamo la nostra sartina, protagonista de Il sogno della macchina da cucire, piccolissima. È la nonna, sarta a sua volta, che la prepara ad un lavoro prezioso e delicato, e nei lunghi pomeriggi passati insieme a cucire a mano vestiti, lenzuola, biancheria, le spiega un mestiere e le insegna la vita.
Con la morte della nonna, la ragazza, infatti, non è sola. Ha con sé, nelle sue mani, un lavoro che la porterà a conoscere tanti persone di vari ceti sociali, a sapere e tacere i segreti inconfessabili delle sue clienti. Ma soprattutto ad essere una donna indipendente, senza dall’esigenza di un uomo accanto e libera di scegliere con il cuore e non con la necessità.
Nei vari capitoli di questo romanzo delicato e gentile entriamo con lei nelle stanze del cucito delle case dei signori, e scopriremo gli amori e le miserie della borghesia, in questo non poi così lontane da quelle di oggi.
C’è di che sorridere, ne Il sogno della macchina da cucire. Ci sono i sogni, come quello di acquistare una macchina da cucire a pedali e di fare l’abbonamento alla stagione operistica. C’è di che riflettere e di che farsi uscire una lacrima. Come nella vita, in quelle di tutti, dalla più umile alla più insolita e variegata.
Il libro e l’artigianato
In questo libro l’artigianato è decisamente un protagonista indiscusso.
È l’arma di riscatto della sartina, ed è anche un racconto che si dipana tra tessuti di organza di broccato, tra ricami a punto ombra e orli rifilati a mano.
Non si può non sentire la nostalgia di un tempo in cui gli abiti erano studiati su misura e non modellati su una figura ideale (che poi non sta bene a nessuno). Un’epoca in cui le sarte erano tra le paladine dell’indipendenza femminile e non quelle dei paesi lontani che lavorano sfruttate e per pochi spiccioli, in condizioni al limite dell’umano.
Le mie impressioni
Delle mie scelte riguardo ai consumi ho raccontato qui, e forse avrei davvero dovuto nascere davvero almeno un secolo prima, per avere la fortuna di poter lavorare come artigiana in anni in cui non si doveva lottare per far capire il valore del proprio operato…
In ogni caso, ho amato Il sogno della macchina da cucire esattamente come gli altri titoli di Bianca Pitzorno: alla prima lettura. A parte la copertina, che trovo deliziosa, Pitzorno ha una delicatezza e allo stesso modo una forza nella scrittura che riescono a portare il lettore nel mondo che racconta. I suoi personaggi femminili, in questo caso come nei suoi romanzi per ragazzi, sono veri, reali, pieni di forza, paura, rabbia, dolcezza, amore.
Questa è una recensione, ma è anche e soprattutto un consiglio di lettura e di riflessione su quello che leggerai se vorrai entrare in queste pagine.
Una creazione legata a questo libro
Ho deciso di abbinare alle mie recensioni uno dei miei accessori, che per idea, concezione, ispirazione, possano accostarsi e formare una “coppia perfetta”. Nel caso de Il sogno della macchina da cucire è stato facile. Già in tempi non sospetti ho dato alle mie collane di fettuccia ecologica il nome di una delle protagoniste di un libro di Bianca Pitzorno: Scintilla, da Speciale Violante. Un materiale di recupero come la fettuccia, poi, si sposa perfettamente con il concetto di uso e riuso degli abiti ben illustrato nel romanzo di questo post.
Dove acquistarlo
Il sogno della macchina cucire conta 240 pagine, è edito da Bompiani ed è uscito nel Settembre 2018, quindi si trova ancora facilmente in tutte le librerie. Se preferisci gli acquisti on line lo trovi su Amazon, IBS, LaFeltrinelli.
Che ne pensi, ti è venuta voglia di leggerlo?
Martina
Della Pitzorno ho letto parecchi libri anche io da ragazzina, e mi piaceva molto. Non sapevo che scriveesse anche per adulti, mi hai dato un bel suggerimento di acquisto!
P.S. Bella rubrica!
MaMaglia
Grazie, mi fa piacere che tu l’abbia trovata interessante! Se leggi anche tu il libro fammi sapere cosa ne pensi!
Francesca
Non ho mai letto nulla della Pitzorno e mi hai incuriosita parecchio, lo ammetto…la tua recensione mi ha fatto ricordare di quando mia madre mi raccontava della sua migliore amica, che era una sarta e le confezionava bellissimi abiti su misura (ti parlo degli anni 60)…raramente leggo così volentieri le recensioni dei libri, bravissima😍
MaMaglia
Grazie, mi fa davvero piacere!
Che tempi meravigliosi, quelli in cui ci si faceva fare il guardaroba su misura… A me è successo solo un paio di volte, ed è tutta un’altra cosa!