Il cashmere
Oggi facciamo un viaggio in terre lontane: conosciamo il cashmere, lana pregiata di capra che arriva dall’Himalaya, dal Tibet… Ma, volendo, anche da molto più vicino. Parti con me?
Da dove viene il cashmere
Eh sì, quella lana morbidissima e pregiata che ci piace tanto non è decisamente un prodotto locale. Nonostante l’Italia sia il primo trasformatore al mondo di questo tipo di fibra, e nel Biellese ed in Umbria esistano i maggiori poli di lavorazione, il cashmere ha origine… nel Kasmir.
Un po’ di storia…
Il Kasmir è una regione divisa attualmente tra India, Pakistan e Cina, dove si hanno tracce delle prime lavorazioni della lana di Capra Hircus, dal cui vello deriva questa lana preziosa. Sembra che già Marco Polo avesse trovato prove di una fibra soffice e calda, anche se le esportazioni verso l’occidente sono iniziate solo nel XIX secolo.
Nel ‘900 è scoppiata una vera e propria passione, i consumatori si sono innamorati di una lana bella e ricca di proprietà ineguagliabili. I prodotti infatti non si deformano, non si sciupano nel tempo e nonostante i lavaggi, sono antistatici e traspiranti.
Attualmente, la produzione mondiale di fibra di cashmere avviene ancora in Asia, in particolare in Mongolia e Afghanistan.
Le fasi di lavorazione del cashmere
La Capra Hircus deve adattarsi dunque a inverni rigidissimi, e nei secoli, attraverso una selezione genetica naturale questo animale ha sviluppato un pelo molto particolare.
Il suo manto si compone infatti di una peluria esterna, ruvida e resistente, che si chiama Giarre. Sotto a questo un sottopelo morbido e più corto, che si chiama Duvet.
A primavera, quando le temperature si alzano la capra fa la muta del pelo per non soffrire troppo il caldo, e il Duvet non le serve più. A quel punto lo si raccoglie, tramite una fase di pettinatura, e ne si tolgono le fibre più dure (degiarratura).
Più il pelo è lungo e maggiore sarà la resa, sia in termini di calore che estetica.
La filatura è la fase finale che porta al gomitolo o alla rocca di filato che conosciamo bene.
Perché il cashmere costa tanto?
Lo avrai capito:
– Animali allevati in zone impervie o addirittura selvatici.
– Fasi di lavorazioni lunghe e poco produttive (non più di 100/200 grammi di filato ricavabile da ogni ovino adulto).
– Caratteristiche organolettiche eccezionali.
Il cashmere non può essere un filato economico.
Se lo trovi nei grandi magazzini a basso costo, chiediti cosa c’è dietro. Se un maglione è davvero di cashmere, non può costare 30 Euro. Non deve. Se trovi la dicitura “Cashmere Blend”, sappi che ne contiene non più del 5%, il resto è poliestere, nylon, altre fibre.
Ecologico e sostenibile?
Il Cashmere è un materiale ecologico ed ecosostenibile? Non esattamente.
Nell’Himalaya esistono ancora pastori montanari che raccolgono il vello perduto dalle capre selvatiche che, per il caldo, si strofinano alle rocce. Ma nella stragrande maggioranza dei casi gli animali sono da allevamento, e se pensi alla scarsa resa del materiale rispetto all’altissima domanda, capirai che l’impatto ambientale non è da sottovalutare.
Quindi, tanto per cominciare, anche parlando di questo prezioso materiale, bisognerebbe fare propria almeno parte della filosofia “Più qualità meno quantità” di cui ho parlato in questo post.
Esiste una soluzione totalmente eco
Ma si può continuare ad utilizzare questo materiale anche senza impattare così tanto l’ecosistema?
Ebbene sì, e la soluzione guarda un po’ l’abbiamo sviluppata in gran parte qua a Prato, nella mia città. Noi siamo cenciaioli, da sempre. Prendiamo gli scarti e ne facciamo meraviglie
[Leggi qua il mio post su Prato, e non perderti quello sul nostro Museo del Tessuto]
Anche in questo caso, qua è nato il Cashmere Rigenerato, che mantiene le stesse caratteristiche della fibra vergine, ma che è totalmente ecologica e sostenibile in quanto proveniente dagli stracci. Capi in cashmere usati entrano in un bellissimo circolo virtuoso di moda circolare e tornando a splendere di ancora maggiore bellezza.
Personalmente, quando uso gomitoli di cashmere, lo faccio sempre scegliendo il rigenerato.
Cashmere o Cachemire?
Chiudiamo infine con una curiosità: ma si scrive cashmere o cachemire?
Entrambe le opzioni sono corrette, semplicemente cashmere è la grafia inglese, più utilizzata in tempi recenti, e cachemire quella francese, più vetusta. Esiste anche la versione tedesca a dirla tutta, Kaschmir. Comunque è dubbio comune, ne ha parlato persino l’Accademia della Crusca!
Ma dimmi, tu conoscevi tutte le particolarità di questo filato? Lo utilizzi? Avevi mai sentito parlare della fibra rigenerata?
Se ti interessa l’argomento dei materiali che utilizzo, guarda anche questo link!
Unicamente
Lo sai Letizia che ti ammiro sempre molto; e con questo articolo, ancora di più! Un articolo, oserei dire perfetto, di quelli che non soltanto raccontano qualcosa o trasmettono emozioni (seppur importanti); ma soprattutto rendono il lettore partecipe, consapevole con la speranza che diventi più responsabile. Un esempio, il tuo blog, su come fare blogging. Bravissima!
MaMaglia
Grazie di cuore! Il mio obiettivo è proprio quello di sensibilizzare ad un consumo più consapevole, non necessariamente ad acquistare da me, ma contribuire anche solo nel mio piccolo a rendere degli acquirenti piu attenti!